Risposta a una critica di un dottorando

Il dott. Paolo Campli, “fisico di formazione. Ma è anche un dottorando in economia. ” ha  scritto un post di critica alla mia discussione con Michele Boldrin in cui simpaticamente mi definisce “squinternato”. Malgrado questo, malgrado il post non sia firmato (ma uno dei redattori del sito ha confermato l’identità) e malgrado mi attribuisca affermazioni che non ho mai fatto qui di seguito c’è una discussione dei suoi punti. Visto che è evidente che l’autore della critica il libro non l’abbia letto, mi riferisco a quello che ho scritto nel post ma integrerò qualche commento con quanto ho scritto nel libro (che consiglio al dott. Campli di leggere). In ogni caso noto una evoluzione positiva (seppure molto modesta) da discussioni a suon di tweets.

1. La (vaga e implicita) definizione di Economia Neoclassica di FSL è problematica e fuorviante

Non ho fatto nessuna definizione implicita o esplicita di Economia Neoclassica. Nel libro discuto le idee alla base dell’approccio dell’equilibrio generale introdotto da Walras che è diventato il nucleo del paradigma neoclassico.

Attualmente, la stessa macroeconomia dei cicli economici è molto diversa da quello che crede Sylos Labini.

Cosa crede Sylos Labini circa “la macroeconomia dei cicli economici” ? Non è dato sapere.

2. Le sue critiche epistemologiche sono semplicistiche; se applicate rigidamente bloccherebbero gran parte del progresso scientifico

e in particolare

Nella lettura che ne dà FSL, la procedura da rispettare per fare scienza è semplice e ben definita:

1. prendete una teoria scientifica
2. estraetene una predizione empirica
3. confrontate la predizione coi risultati di un esperimento o altra osservazione rilevante[2]
4. scartate la teoria come sbagliata se la predizione è falsificata dall’esperimento; tenete provvisoriamente buona la teoria in caso contrario

Se l’autore si fosse letto il mio libro non scriverebbe tali sciocchezze (se non altro la prefazione del mio libro è stata scritta da uno dei maggiori filosofi della scienza contemporanei). Nel post ho citato un passo di Richard Feynman che in maniera semplice e chiara illustra il punto, ma certamente non era  l’obiettivo di Feymann, né il mio, quello di spiegare in dettaglio i concetti della filosofia della scienza moderna (che brevemente introduco nel libro) che spiegano il funzionamento del metodo scientifico. In estrema sintesi scrivo nel libro

Un buon criterio per definire una teoria scientifica consiste perciò nel verificare che essa sia sperimentalmente confermabile: ovvero se la teoria sia capace di acquisire un certo grado di sostegno empirico attraverso il confronto delle sue previsioni con l’esperimento. Una teoria, per essere confermabile, deve essere espressa in forma logica e deduttiva, tale da partire da un asserto universale per ricavarne, in maniera rigidamente concatenata, una o più conseguenze particolari, controllabili empiricamente.

L’autore prosegue:

FSL conclude dicendo che, dato che i modelli macroeconomici della “economia neoclassica” non sono in grado di prevedere le recessioni, allora sono da scartare. Chi continua a lavorare usando questi modelli si illude di fare ricerca scientifica ma sta in realtà facendo solo pseudo-scienza.

Questo è corretto ma ovviamente molto semplificato. Come ho spiegato sopra, e nel libro in maniera più dettagliata, la corroborazione di una teoria scientifica attraverso il confronto empirico è alla base del metodo scientifico. Ma il problema maggiore che riscontro è appunto nella nozione e nell’assunzione di equilibrio che è appunto la colonna portante dell’edificio neoclassico.

3. Se fosse davvero convinto della sua linea argomentativa e la applicasse con onestà alle altre “scuole economiche”, di sicuro non ne individuerebbe alcuna di successo

Non ho discusso di “altre scuole economiche” nel mio post (a parte un accenno ad un articolo di mio padre). Nel libro, nel paragrafo “Paradigmi e previsioni” discuto invece di

economisti che, attraverso modelli teorici matematici o analisi teoriche qualitative, hanno predetto con un certo anticipo la possibilità di una grande crisi finanziaria. In genere, la previsione non è stata deterministica – la crisi avverrà tale giorno – ma ha riguardato le condizioni d’instabilità sistemiche dell’economia dei paesi industrializzati. Nonostante le differenze d’impostazione tra i diversi autori, possiamo trovare una radice comune nella critica al concetto di equilibrio, al suo ruolo e al suo possibile spontaneo e naturale raggiungimento grazie all’azione dei mercati de-regolamentati.

Né il mio libro né il mio post hanno l’ambizione di discutere “le altre scuole economiche” ma dei problemi concettuali dell’approccio neoclassico e dei suoi fallimenti nell’interpretazione della realtà e nella formulazione di previsioni di successo e spiegazioni precise di fenomeni noti.

4.Nel dipingere il suo quadro manicheo degli studi economici, FSL ignora l’intenso dibattito interno alla disciplina, specie in macroeconomia. Un’illustrazione comica di questo fatto è che ha scelto come discussant, e presunto difensore dell’economia mainstream, Michele Boldrin, autore nel 2008 di un post dal titolo “La recessione e la miseria della macroeconomia”, pubblicato sul blog noiseFromAmerika. Nel post Boldrin critica estensivamente le teorie macroeconomiche più in voga negli ultimi anni, oltre a chiarire che anche quelle “neoclassiche” degli anni ’80 sono poco utili a capire la crisi finanziaria del 2007-2008.

Se l’autore conoscesse vagamente di cosa parla, saprebbe che “non ho scelto” nessuno come discussant e tantomeno il simpatico Michele Boldrin a cui va dato atto, comunque, di essersi confrontato. Per il resto la mia critica è rivolta  a tutto l’approccio neoclassico da Walras in poi. Come fa il dott. Campli a sapere che ignoro “l’intenso dibattito interno alla disciplina” senza essersi letto il mio libro è davvero un puzzle. Magari non come quello di Mehra e Prescott ma insomma, tirare a indovinare non porta a niente di buono.

Poi due ps:

  1. Il libro del matematico Benoit Mandelbrot si colloca a pieno in quella che Kuhn definirebbe “normal science”, nel senso che si pone in continuità con le teorie finanziarie mainstream dell’epoca (a parte qualche tentativo esagerato di differenziazione, dovuto per lo più a questioni di marketing, visto che si tratta di un libro divulgativo), discutendo e rilassando un’importante assunzione della letteratura precedente.

Il libro di Mandelbrot sulla finanza, come tutti i suoi lavori scientifici, è ortogonale a ciò che comunemente si usa e si assume nella finanza moderna (fluttuazioni Gaussiane, Black-Scholes, ecc.). Per un libro tecnico, che ha sviluppato il lavoro di Mandelbrot, rimando a “Theory of Financial Risk and Derivative Pricing: From Statistical Physics to Risk Management”  ;

9780521741866

per capire di cosa discute è sufficiente leggere l’abstract su amazon 

Summarizing market data developments, some inspired by statistical physics, this book explains how to better predict the actual behavior of financial markets with respect to asset allocation, derivative pricing and hedging, and risk control. Risk control and derivative pricing are major concerns to financial institutions. The need for adequate statistical tools to measure and anticipate amplitude of potential moves of financial markets is clearly expressed, in particular for derivative markets. Classical theories, however, are based on assumptions leading to systematic (sometimes dramatic) underestimation of risks.

2. Riguardo ai commenti all’articolo di Mehra e Prescott, “The Equity Premium: A Puzzle“, si tocca davvero l’incredibile: basta un po’ di familiarità con l’inglese per capire, dal titolo, che l’obbiettivo di quest’articolo è rilevare l’esistenza di un’anomalia, di un’incongruenza cioè tra dati e predizioni teoriche dei modelli teorici considerati dagli autori. Il punto è che l’articolo è firmato proprio da Prescott, evidenziando quindi all’interno della disciplina l’ovvio interesse per arrivare a teorie che meglio spieghino i dati empirici. FSL invece utilizza l’esistenza dell’articolo per argomentare che le teorie “neoclassiche” non funzionano. A quanto pare le uniche critiche sensate vengono dall’interno della disciplina.

Questo commento è completamente fuori luogo. Riporto quello che ho scritto nel post e nel libro

Quest’articolo è stato preso come esempio da Donald Gillies, insieme a i classici e più noti lavori di altri premi Nobel per l’economia aderenti alla teoria neoclassica, per mostrare la differenza dell’uso della matematica in fisica e in economia. La  tesi che sostengo è che nel loro articolo

<<gli autori cercano di confrontare il modello di equilibrio generale Arrow-Debreu di un’economia teorica con i dati ottenuti da un’economia reale, vale a dire l’economia statunitense nel periodo dal 1889 al 1978. In questo caso non c’è nessun accordo tra i risultati teorici e i dati empirici. […] In conclusione, l’economia neoclassica, a differenza della fisica, non ha raggiunto attraverso l’uso della matematica alcuna spiegazione precisa o previsione di successo: questa è la principale differenza tra le due discipline.>>

E’ certamente difficile discutere con qualcuno che critica il tuo lavoro senza neppure esserselo letto. Certo meglio dei tweets sulla mia discendenza e sulla mia professione. Ma forse si può far di meglio?

 

20 thoughts on “Risposta a una critica di un dottorando

  1. Lo vuole fare un confronto pubblico con me?
    Ho un PhD in economia e, nel mio team, gestiamo 60 miliardi per conto del fondo pensione dei dipendenti pubblici olandesi. Credo, dunque, di essere abbastanza qualificato.
    Attendo una sua risposta.

    Marco Della Seta

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    1. Gentile Dott. Della Seta,
      non ho problemi a discutere con nessuno dunque se vuole organizzare una presentazione del mio libro (dopo che se lo è letto) è benvenuto. Per il resto le dò un piccolo consiglio: provi a scrivere un argomento (senza insulti possibilmente – come sa ho dovuto bannarla su tweeter) in cui illustra le sue posizioni. Discutere in maniera civile può essere utile e può avvantaggiare tutti.
      Cordiali saluti,
      FSL

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      1. Molto bene. È d’accordo con una cosa del tipo presentazione libro + mia discussione + sua eventuale replica? Chiaramente, la mia discussione deve essere sufficientemente lunga.

        Vivendo in Olanda e avendo un lavoro full time (e una figlia in arrivo a Settembre) , ho qualche problema logistico e la cosa deve essere organizzata con un po’ di anticipo.
        Non ho molti contatti in Italia per organizzare l’incontro e mi va bene, se possibile, partecipare a uno di quelli che ha già in programma. Altrimenti cercheremo di organizzarci in un altro modo.

        Sarebbe anche carino se mi spedisse una copia del libro.
        Mi scriva al mio indirizzo privato email.

        Grazie

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      2. Mi scusi ma lei sta scherzando immagino: cioè lei vuole che io la inviti a una presentazione dove sono invitato e che le regali anche un libro? Ok buona serata.

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      3. Ottimo le faccio presente che è lei ad essere interessato a discutere con me e non io con lei dal momento che da parte sua, oltre qualche insulto e commento irrilevante, non ho letto nulla. Poi che lei non abbia neppure letto il mio libro la dice lunga sul tipo di discussione che vuole fare. Mah, davvero è una comunità strana: comunque le rinnovo l’invito a scrivere qualcosa ma solo dopo aver letto il mio libro.

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    1. Ma discussant di che scusi? Prima lei mi deve proporre qualcosa e anche trovare qualche ragione per cui io la trovi interessante (e a questo punto ho i miei più sinceri dubbi) poi nel caso la casa editrice le spedirà una copia. Ma qui c’è un loop: come fa a organizzare una discussione su un libro che non ha letto?

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      1. Nessun loop. Ovviamente prima leggo il libro, poi preparo una discussione ben argomentata, poi si fa il dibattito pubblico. Per questo ci vuole un po’ di tempo.
        Etichetta vorrebbe che il discussant ricevesse una copia in omaggio. Ma, se non la vuole inviare, non mi formalizzerò.

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      2. Senta guardi io non so proprio chi lei sia, su banche dati accademiche lei non esiste su siti di opinione neppure. dunque faccia una cosa scriva qualcosa, mi faccia sapere e ne riparliamo .

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      3. Quindi lei risponde a un dottorando ma non vuole confrontarsi con uno che ha lavorato in un’università svizzera e gestisce, col suo team, 60 miliardi per conto dei dipendenti pubblici olandesi?
        Strano, avevo capito stava cercando un dibattito serio. Perché non farlo, sarebbe un bel momento di confronto.

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      4. Ho risposto a chi ha scritto (molto malamente purtroppo) qualcosa. Se lei scriverà qualcosa vedrà che le risponderò. Se inoltre userà una frazione dei proventi della gestione di 60 miliardi per invitarmi e per comprare il libro vedrà che magari vengo.

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      5. Ma scusi, i suoi discussant fino ad adesso che cosa hanno scritto?
        Poi verrei io in Italia e, come le ho detto, non mi formalizzerò sulla questione del libro. Lo compro su Amazon.
        Perché, dunque, sottrarsi al dialogo?

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      6. Non si preoccupi per gli altri, pensi a se stesso: legga scriva e ne riparliamo, non ho detto che mi sottraggo al dialogo ho detto che non è interessante dialogare con qualcuno che non ha idea di quello su cui dialoga. Buona serata.

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      7. Ma quindi lei pensa che nelle università svizzere e in uno dei più grandi asset manager del mondo fanno lavorare gente che non capisce nulla di economia?
        Poi magari è vero… ma questa non è una splendida occasione di dimostrarlo in pubblico?

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      8. Quello che penso l’ho scritto. Si legga il libro, ci rifletta scriva la sua critica. E buonasera perché questo è il suo ultimo commento qui.

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  2. Premetto che non ho letto il libro ma solo per testimoniarle come erroneamente Boldrin ritiene che la crisi non si potesse prevedere a me la aveva anticipata una mia conoscente/amica che si occupa semplicemente di gestione finanziaria.
    Anzi ricordo che io ed ora me ne vergogno la prendevo in giro perché per qualche tempo dopo la sua previsione i prezzi delle case continuarono a salire.

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