Nell’ultima settimana due diversi episodi che riguardano il ruolo pubblico degli scienziati sono stati all’attenzione dell’opinione pubblica: l’intervento sulla guerra del fisico Carlo Rovelli al concerto del Primo Maggio, e la polemica tra il geologo Alberto Prestininzi e Chloé Bertini di Ultima Generazione, un gruppo di attivisti sul problema dei cambiamenti climatici, nel programma di Corrado Formigli Piazza Pulita. C’è una differenza sostanziale tra questi due interventi.
Quattordici mesi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca, il cosiddetto ordine internazionale appare quanto mai fluido, pur in presenza dei nuovi “blocchi” che vanno configurandosi. Una nuova “cortina di ferro” è apparsa e si allunga lungo il confine occidentale della Russia, ora che la Nato ha trovato il modo di allargarsi e ricompattarsi. La fortezza dell’Occidente, tuttavia, sembra più isolata, a “difesa della democrazia” contro il resto del mondo che non pare più guardare ad essa come al faro del progresso. Da più parti, si direbbe, si comincia a pensare che forse si può anche fare a meno dell’Occidente e della magna pars in esso, gli Stati Uniti.
Il 24 febbraio 2022 truppe e carri armati russi hanno attraversato il confine ucraino; la principale risposta dell’Occidente è stata l’imposizione delle sanzioni economiche più dure in un secolo: una vera e propria guerra economica. Uno dei generali di questa guerra è stato Mario Draghi, che affermava a giugno 2022: “Le sanzioni funzionano. Il Fondo monetario internazionale prevede che quest’anno il costo inflitto all’economia russa sarà pari a 8,5 punti del Pil. Il tempo sta rivelando che queste misure sono sempre più efficaci”. Secondo Enrico Letta (marzo 2022), “le sanzioni sono durissime e stanno facendo molto male alla Russia che è vicina al default”. Queste previsioni sono state smentite da quello che è avvenuto in seguito. I conflitti armati sono spesso determinati dal potere economico, mentre l’intricata interazione tra storia e politica gioca un ruolo cruciale nell’economia di una nazione e di come questa reagisce in tempi di crisi.
Perché dunque l’economia russa non è crollata? Questa è una domanda imbarazzante che è stata espunta dal dibattito pubblico proprio perché un anno fa gli esperti rassicuravano che le sanzioni avrebbero messo velocemente in ginocchio un Paese considerato “una stazione di gas con armi nucleari”. Non sembra che questa visione della Russia si sia rivelata corretta.
Insieme a Pier Giorgio Ardeni abbiamo sviluppato un ragionamento piuttosto articolato sulla instabilità della situazione attuale, le ragion le della guerra e le condizioni per la pace o per un nuovo equilibrio del terrore (al momento quello a cui possiamo aspirare). L’articolo è lungo qui di seguito un riassuntino.
La guerra in Ucraina rappresenta un evento epocale nella nostra vita, uno spartiacque che segna il prima e il dopo. Per inquadrare il conflitto ci facciamo guidare da quattro illustri studiosi: Jeffrey Sachs, John Mearsheimer, Emmanuel Todd storico, Wolfgang Streeck.
La fine dell’Unione Sovietica ha chiuso l’epoca della guerra fredda iniziata nel dopoguerra. La grande crescita economica della Cina e la ripresa della Russia dopo la catastrofe degli anni Novanta sono le realtà emergenti che stanno cambiando gli equilibri globali e sono alla radice dell’instabilità del mondo “unipolare” in cui gli Stati Uniti sono stati egemoni per un trentennio.
secondo l’orologio del giorno del giudizio del “Bollettino degli scienziati atomici”, il Doomsday Clock istituito dopo gli orrori di Hiroshima-Nagasaki per mettere in guardia il mondo dai pericoli di una guerra nucleare, siamo vicini alla mezzanotte come mai prima nella storia del dopoguerra: 100 secondi alla mezzanotte, lo scoppio di una guerra nucleare. E gli eventi degli ultimi giorni stanno spostando le lancette dell’orologio ancora più vicino all’ora terribile: i referendum nelle Repubbliche separatiste occupate dalla Russia, il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream, le sanguinose battaglie nel sud dell’Ucraina, la mobilitazione di altri 300mila soldati in Russia, gli avvertimenti e le minacce che si susseguono senza sosta da entrambe le parti.
L’analisi che mi convince è quella Mearsheimer per varie ragioni prima di tutto perché ha scritto tutto nel 2014 ed ha sempre mantenuto la stessa posizione. Poi inserisce la sua analisi in quadro teorico, quello delle grandi potenze e del realismo, che a me sembra abbastanza solido (per quanto possa essere solida una teoria che si occupa di una cosa del genere). Nel suo libro presenta un’analisi storica dal congresso di Vienna in poi in cui interpreta gli avvenimenti alla luce del quadro teorico realista ed è abbastanza convincente. Sulla Russia dice: prima c’era lo Zar, poi i comunisti e poi Putin ed il problema non è cambiato perché è sempre rimasta una grande potenza (a parte il periodo di Eltisin … ). Sostiene che gli USA hanno avuto lo steso comportamento di fronte ad una minaccia con la crisi dei missili a Cuba: per loro era una minaccia e si sono mossi di conseguenza trovando poi un compromesso sui missili in Turchia con i russi. Insomma JM ha fatto una previsione basata su un quadro teorico solido e ci ha visto giusto per questo è assurdo che sia bannato dal dibattito pubblico una posizione del genere perchè all’estero non lo è. Qui sotto un mio commento pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 23.5.2022.