Pubblichiamo un estratto dal libro “Bussola per un mondo in tempesta”, scritto da Francesco Sylos Labini e Matteo Caravani per Futura editrice, sulle crisi politiche e ambientali che attraversano la nostra epoca
La Cina è passata dall’avere l’80% della popolazione in condi-zione di povertà estrema nel 1980 all’assenza di povertà estrema 40 anni dopo: l’aspettativa di vita, l’istruzione, la qualità della vita sono aumentate enormemente e la fame è scomparsa. Si tratta dello sviluppo economico di maggior successo della storia del-l’umanità avvenuto nell’arco di pochi decenni: basti considerare che in Europa ci sono voluti più di due secoli di colonialismo e di sviluppo capitalistico industriale per ottenere un risultato analogo. […]
Dal 1990, il PIL per persona cinese è aumento di 12 volte, quello indiano di 3 volte mentre quelli americano ed europeo di una volta e mezzo.
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Lo sviluppo tecnologico della Cina ha una storia piuttosto re-cente ed è stato determinato da due fattori. Il primo è stato l’acquisizione di tecnologia dall’Occidente, condizione posta per la delocalizzazione. Storicamente, gli investimenti diretti esteri in Cina da parte delle tech-companies occidentali, potevano avvenire solo se l’investitore realizzava una partnership con un’azienda cinese e condivideva la tecnologia. Inoltre, la Cina ha acquisito molte tech-companies in Occidente trasferendo i diritti di proprietà intellettuale nella madrepatria.
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D’altra parte, la spesa in ricerca e sviluppo della Cina ha subito una fase di veloce crescita che è stata alla base della trasformazione dell’economia cinese e che le ha permesso di diventare competitiva non solo per i prodotti a bassa intensità tecnologica, ma anche per quelli ad alta sofisticazione (per esempio, Huawei con la tecnologia 5G, il solare, le auto elettriche, ecc.). Nel 1982, la Cina del leader supremo Deng Xiaoping ha inserito nella Costituzione l’obiettivo nazionale di modernizzare la scienza e la tecnologia. Nel 1993 ha istituito una legge per promuovere il progresso della scienza e della tecnologia. In seguito, nel decimo piano quinquennale, varato tra il 2001 e il 2005, la Cina ha fissato l’obiettivo di portare all’1,5% la quota del PIL destinata a ricerca e sviluppo, rispetto alla precedente che era meno dell’1%. Questa soglia è stata poi innalzata e il piano per il 2020 prevede di portare la quota al 2,5% o più. Per effetto di queste politiche, la produzione di ricerca in Cina è stata in forte aumento dal 2002 in poi; già una decina di anni fa uno studio aveva mostrato che negli ultimi tre decenni la Cina è diventata uno dei principali contributori alla scienza e alla tecnologia. La ricerca scientifica può essere vista come un marker dello sviluppo economico: diversi studi hanno messo in evidenza che i Paesi che sono leader tecnologici hanno la più grande produzione di articoli scientifici e raccolgono il maggior numero di citazioni.
Recentemente, secondo l’Economist, “La Cina è diventata una superpotenza scientifica: ha infatti superato sia gli USA che l’intera UE per il numero di articoli scientifici di grande impatto prodotti ogni anno. L’ascesa della Cina in questa dimensione è stata incredibilmente rapida: il numero totale di articoli scientifici prodotti dalla Cina è aumentato di 18 volte rispetto alla media del periodo 1996-1998 e di 3,6 volte rispetto al periodo 2006-2008. La Cina detiene ora la quota più alta di pubblicazioni scientifiche con il 19,9% sul totale mondiale, mentre gli Stati Uniti sono al secondo posto con il 18,3%: se nel 2003 gli USA hanno prodotto 20 volte più articoli ad alto impatto rispetto alla Cina, nel 2013 ne hanno prodotto circa 4 volte e, dal 2022 la Cina ha superato sia gli USA che l’intera UE. Inoltre, per quello che riguarda gli articoli maggiormente citati, e cioè quelli che hanno un impatto maggiore nella comunità scientifica, la Cina ha ora raggiunto gli Stati Uniti.
È interessante notare che gli articoli scientifici statunitensi e cinesi differiscono in termini di aree di specializzazione. I ricercatori cinesi si concentrano principalmente sui campi applicativi e la Cina vanta un’alta percentuale di pubblicazioni in scienze dei materiali, chimica, ingegneria, informatica e matematica. Gli Stati Uniti, invece, si concentrano sulla medicina clinica e sulle scienze biologiche di base

