Category Archives: Editorials

Atomica, la narrazione che manipola la storia

L’orologio dell’Apocalisse è stato spostato a soli 89 secondi dalla mezzanotte, simbolo della catastrofe nucleare. Questo orologio valuta la probabilità di una catastrofe globale causata dall’uomo secondo il Bulletin of the Atomic Scientists, l’organizzazione no-profit che lo gestisce ininterrottamente dal 1945, quando fu fondata da Albert Einstein e da alcuni ex scienziati del Progetto Manhattan.

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Media, finanza, tecnologia:il mondo in mano agli oligarchi”

Articolo pubblicato nel fascicolo 4/25 della rivista “Vita e Pensiero” che a partire dal 19 settembre 2025 sarà distribuito nelle librerie e agli abbonati e contemporaneamente sarà disponibile online nel formato digitale sul sito della rivista http://rivista.vitaepensiero.it/ .

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Clima: Stampa e tv fanno finta che vada tutto bene

L’estate italiana tra giugno e luglio 2025 ha vissuto un’ondata di caldo eccezionale, con temperature record e impatti drammatici sulla salute pubblica, l’ambiente urbano e i servizi essenziali. Eppure, secondo il report dell’Osservatorio di Pavia per Greenpeace, solo in circa un caso su quattro le notizie televisive hanno collegato queste ondate al cambiamento climatico: nella stragrande maggioranza dei casi l’origine antropica del fenomeno non è menzionata, o al massimo viene citata in modo superficiale. I principali quotidiani risultano ancora più carenti: quasi il 70 % degli articoli dedicati alle ondate di calore non fa alcun riferimento al riscaldamento globale. Quando lo fa, lo fa come nota introduttiva, senza approfondire le cause vere e proprie come le emissioni di gas serra

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Climate: Press and TV Pretend Everything is Fine

The Italian summer of June and July 2025 experienced an exceptional heatwave, with record temperatures and dramatic impacts on public health, urban environments, and essential services. Yet, according to a report by the Osservatorio di Pavia for Greenpeace, only in about one out of four cases did TV news link these heatwaves to climate change: in the vast majority of cases, the human origin of the phenomenon is not mentioned, or at best, cited superficially. Major newspapers are even worse: nearly 70% of articles dedicated to heatwaves make no reference to global warming. When they do, it’s merely in the introduction, without delving into the actual causes such as greenhouse gas emissions.

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The Red Thread from Ukraine to Iran

General Wesley Clark, former commander of the NATO bombing campaign against the Federal Republic of Yugoslavia during the Kosovo War and Supreme Allied Commander Europe from 1997 to 2000, revealed a disturbing detail in a well-known 2007 interview: shortly after the September 11, 2001 attacks, he learned within the Pentagon of a strategic plan to launch military operations against seven countries over five years. The targeted countries were Iraq, Syria, Lebanon, Libya, Somalia, Sudan, and Iran. According to Clark, military interventions aimed at reshaping the geopolitical landscape of the Middle East and other strategic regions were outlined in the immediate aftermath of the 9/11 attacks. Iran appears as the final target on this list: all the other countries have already experienced profound upheavals, regime changes, and devastating civil wars. The export of democracy, much like the current narrative of the Iranian nuclear threat, has proven to be a tragic rhetorical cover to legitimize, in the eyes of Western public opinion, a strategy driven by geopolitical and economic interests with a clear objective: containing China and, more broadly, the economic and political rise of the BRICS countries.

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Quel filo rosso dall’Ucraina all’Iran

Il generale statunitense Wesley Clark, già comandante della campagna di bombardamenti NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia durante la guerra del Kosovo e Comandante supremo delle forze alleate in Europa dal 1997 al 2000, ha rivelato in una celebre intervista del 2007 un retroscena inquietante: pochi giorni dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, apprese all’interno del Pentagono dell’esistenza di un piano strategico per avviare operazioni militari contro sette paesi nell’arco di cinque anni. I paesi indicati nel piano erano: Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e, infine, Iran.

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Work, peace, and conflicts: why we should vote

According to the latest data released by Istat (February 2025), the industrial production index registered a 2.7% contraction compared to the same month of the previous year. This decline exacerbates a long-standing structural problem: Italian industrial production has significantly decreased since the 2008 crisis. Yet, Prime Minister Giorgia Meloni does not seem concerned about this prolonged systemic downturn. On the one hand, she announced in Parliament that the spread had fallen below 100 basis points, claiming that “Italian debt is more reliable than German debt” — ignoring the fact that this actually means Italian debt pays 100 basis points, or 1%, more in interest than German debt precisely because it is considered less reliable.

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Lavoro, pace e conflitti: perché andare a votare

Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat (febbraio 2025) l’indice della produzione industriale ha registrato una contrazione del 2,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Questo calo accentua un problema strutturale di lungo periodo: la produzione industriale italiana è diminuita in modo significativo sin dalla crisi del 2008. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, tuttavia, non sembra preoccuparsi di questo prolungato declino sistemico. Da un lato, ha annunciato in Parlamento che lo spread è sceso sotto i 100 punti, affermando che “il debito italiano è più affidabile di quello tedesco” – ignorando che ciò significa, in realtà, che il debito italiano paga 100 punti base, ossia l’1%, in più di interessi rispetto a quello tedesco, proprio perché è considerato meno affidabile.

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Ma Trump è solo il figlio degli squilibri di sistema

Alla fine della Seconda guerra mondiale l’Europa e il Giappone erano in macerie, mentre gli Stati Uniti emergevano come potenza egemone sul piano economico e militare: con un Pil pari alla metà di quello mondiale, un apparato industriale in piena espansione e una posizione di creditore netto verso l’estero, consolidavano il loro ruolo dominante.

George Kennan, uno degli strateghi della politica esterna americana nel dopoguerra, scriveva già nel 1948: “Abbiamo circa il 50% della ricchezza mondiale ma solo il 6,3% della popolazione… Il nostro vero compito è mantenere questa posizione di disparità”. Al di là della retorica su “democrazia”, “diritti umani” o “sicurezza nazionale”, la priorità storica della politica estera americana è sempre stata la difesa della propria egemonia e dei privilegi economici.

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Trump is merely a symptom of systemic imbalances.


At the end of World War II, Europe and Japan lay in ruins, while the United States emerged as the global hegemon—economically and militarily. With a GDP accounting for half the world’s total, a rapidly expanding industrial base, and the status of a net foreign creditor, the U.S. consolidated its dominant position.

George Kennan, one of the architects of postwar U.S. foreign policy, wrote in 1948: “We have about 50% of the world’s wealth but only 6.3% of its population… Our real task is to maintain this position of disparity.” Behind the rhetoric of “democracy,” “human rights,” and “national security,” the enduring priority of U.S. foreign policy has been the preservation of hegemony and economic privilege.

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