I dati sulla diffusione dell’epidemia mostrano una frenata nella sua diffusione che però continua a persistere più a lungo di quanto sperato. Per programmare una “fase 2” è dunque di cruciale importanza capire i motivi di questo rallentamento. Ci sono vari fattori che vanno considerati. L’andamento che osserviamo su scala nazionale è dovuto alla somma degli andamenti di diverse Regioni e anzi di diversi gruppi di Comuni in ogni Regione. L’epidemia si è sviluppata in ognuno in tempi diversi. Dunque, il dato nazionale è una somma incoerente di andamenti eterogenei e già questo rende difficile una previsione anche su scala regionale. Inoltre, la rete su cui l’epidemia si sviluppa è complessa: pochi siti (persone o luoghi) sono molto connessi e tanti siti sono poco connessi. Queste reti sono inclini alla diffusione e alla persistenza delle infezioni qualunque sia il tasso di diffusione. In questa situazione avere dei dati affidabili che mostrano come l’epidemia si sviluppa è la chiave per poter predisporre le misure adeguate al suo contenimento e programmare un eventuale rilassamento delle misure fin qui adottate a tappeto sul territorio nazionale. I dati al momento sono un punto dolente e non danno una rappresentazione adeguatamente precisa della situazione da poter suggerire misure ad hoc per i diversi territori. Eppure, dei dati migliori sono sicuramente disponibili ma al momento non sono pubblici.
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