Ricerca: gli italiani vincono i finanziamenti, il Paese ci perde

 

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L’Italia taglia da otto anni. “I fondi Erc sono la ciliegina sulla torta. Il problema è che la torta in Italia non c’è, ed è un problema strutturale che viene dalla legge 133 del 2008” dice Francesco Sylos Labini, astrofisico all’Istituto dei Sistemi Complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) a Roma. Sebbene già all’epoca il settore non se la passasse bene, infatti, nel 2008 il governo Berlusconi-Tremonti, con la legge 133 dispose da un lato il blocco del turnover (che all’inizio prevedeva un nuovo assunto ogni cinque che andavano in pensione), dall’altro una progressiva riduzione dei fondi destinati al sistema universitario.

Dal 2009 al 2015, quindi, l’importo del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), cioè dei soldi che servono a pagare gli stipendi di tutto il personale (docente e non) e a gestire le strutture, è passato da circa 7,5 miliardi di euro a poco meno di 6,5. Tenendo conto dell’andamento dell’inflazione, un calo del venti per cento netto: “il che non vuol dire – prosegue Sylos Labini – un taglio del 20 per cento degli stipendi o delle spese ad esempio per l’elettricità, ma un taglio dei soldi ‘liberi’, ovvero quelli destinati a reclutamento e ricerca”. Il risultato, come si vede dai dati del Cineca (il consorzio che raggruppa 70 atenei italiani e il Ministero dell’Istruzione) è la diminuzione di circa un sesto del numero di professori e ricercatori, passati dai 60 mila del 2008 ai 51 mila del 2015.

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Di Daniele Lettig. Prosegue su Il Tirreno

Il link all’articolo che è stato pubblicato nelle sezioni nazionali dei siti internet dei 18 quotidiani locali del gruppo Espresso Una versione accorciata è stata pubblicata sulle edizioni cartacee di oggi.

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