La prima presentazione del libro “Rischio e Previsioni” sarà fatta a Lecce: mai città poteva essere più appropriata. A sud dell’Italia, a sud dell’Europa: il mio libro deve proprio partire da qui. #RischioPrevisioni Rischio e Previsioni, cosa ci dice la scienza sulla crisi
Una nota di Guglielmo Forges Davanzati
E’ stato calcolato che, nel caso italiano, l’errore di previsione sul tasso di crescita negli ultimi sette anni è stato di circa 7 punti percentuali: le previsioni sono state sistematicamente sovrastimate. E così è accaduto in tutti i Paesi OCSE. Si osservi che gli errori di previsione non riguardano scarti irrisori, ma spesso riguardano previsioni di crescita che, a posteriori, si rivelano recessioni.
Si è qui di fronte alla c.d. domanda della Regina: perché gli economisti, salvo rare eccezioni, non hanno previsto la crisi? La si chiama domanda della Regina, perché fu la domanda che Elisabetta rivolse agli economisti della London School of Economics in occasione della sua visita a quella prestigiosa Istituzione nel novembre 2008. Domanda alla quale non fu data risposta soddisfacente, inducendo la Regina a commentare che “evidentemente c’è stata un po’ di trascuratezza”. In effetti, trascuratezza vi è stata se si considera che la questione delle crisi economiche, nel paradigma oggi dominante in Economia, di orientamento neo-liberista, è al margine del dibattito. Gran parte della ricerca si concentra su esercizi autoreferenziali che ben poco hanno a che vedere con il mondo reale, spesso sommersi da montagne di matematica per accreditare la disciplina come scientifica, nell’accezione della Fisica Teorica e di laboratorio. In più, la visione dominante si fonda sulla convinzione che un’economia di mercato deregolamentata tende spontaneamente a produrre pieno impiego e, dunque, le crisi economiche possono derivare esclusivamente da interventi esterni, in particolare da politiche fiscali o monetarie sbagliate. Più in generale, dall’intervento dello Stato.
A ben vedere, gli errori derivano semplicemente dal fatto che i modelli usati per le previsioni sono sbagliati e, in aggiunta, dal fatto che la previsione in Economia non è come la previsione nelle scienze cosiddette esatte. Se la questione si pone in questi termini, la domanda della Regina va così riformulata: perché gli economisti non utilizzano modelli diversi da quelli fin qui utilizzati per effettuare previsioni? Ovvero, perché non abbandonano teorie che si sono rivelate e si rivelano così manifestamente incapaci di prevedere?
La risposta rinvia al fatto che i modelli previsionali sono basati su un paradigma teorico che, per quanto si basi su ipotesi del tutto irrealistiche e per quanto non riesca a generare previsioni affidabili, dimostra un’eccezionale capacità di resistenza alle critiche. Ciò accade all’interno di dispositivi di valutazione della ricerca che, non solo in Italia, premiano di fatto studi che si muovono nella cornice del paradigma dominante, in un meccanismo che si rinforza attraverso il reclutamento di giovani generazioni che, essendo valutati sulla base dell’aderenza delle loro ricerche alla visione egemone, non possono che uniformarsi a questa. Per di più, non sono pochi gli economisti neo-liberisti che ritengono che l’Economia non può prevedere le crisi.
Occorre considerare il fatto che la sistematica incapacità di generare previsioni attendibili nuoce gravemente alla scienza economica, dal momento che crea il sospetto che vi sia un condizionamento politico che spinge i ricercatori a sovrastimare il tasso di crescita previsto per l’obiettivo di accrescere il consenso per il Governo in carica. Dunque, crea il sospetto che la ricerca, in Economia, non è libera e che semmai risponde a una domanda politica di legittimazione scientifica dell’ordine sociale esistente.
Di questi temi, di massimo interesse anche per non addetti ai lavori, si occupa Francesco Sylos Labini nel suo ultimo libro Rischio e previsione (Cosa può dirci la scienza sulla crisi), che verrà presentato a Lecce, alla Libreria Adriatica, domenica 20 marzo dalle ore 18. L’evento è organizzato dall’Associazione italiana dei dottorandi e dottori di ricerca.