L’Urgenza di Ripensare l’Economia – Rethinking Economics

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Sono passati dieci anni dalla grande crisi del 2008. Dieci anni di recessione, di crescita delle disuguaglianze e di disagio sociale. Dieci anni in cui il mondo è profondamente cambiato, sebbene lo stato dell’economia sia rimasto essenzialmente immobile nelle teorie e nella metodologia dominante. L’economia che solitamente si insegna nelle università infatti non solo non è stata in grado di prevedere lo scoppio della crisi, ma ha anche fornito la legittimità politica a misure di privatizzazione, di flessibilità del lavoro, di finanziarizzazione e deregolamentazione. Misure che hanno accresciuto la disuguaglianza, delegittimato l’intervento attivo e redistributivo dello stato, e depresso la ripresa economica.

Perché ripensare l’economia?
L’economia mainstream si presenta agli studenti come un insieme di nozioni scientifiche, basate su leggi naturali e sempre vere, estranee al processo storico e alla struttura istituzionale dei vari paesi. Si presenta, come dice John Rapley, più come una religione che come una specifica teoria in competizione con altre teorie per spiegare i fenomeni reali. Ed è per questo che molti curricula accademici oggi sottovalutano, se non escludono, lo studio della storia economica e della storia del pensiero economico, strumenti che sarebbero necessari per avere una visione ampia e diversificata delle diverse scuole di pensiero economico. L’economia viene infatti presentata come una conoscenza monolitica, che procede cumulativamente alla frontiera, senza teorie discordanti che forniscono implicazioni politiche discordanti. E tutto questo, ossia la mancanza di pensiero critico e pluralista, non ha fatto che legittimare le decisioni politiche neoliberali degli ultimi 30 anni.

L’evento del 5 dicembre affronterà due questioni che riteniamo fondamentali per l’economia di oggi. Da una parte ci interrogheremo sulla mancanza di pluralismo teorico e metodologico che oggi caratterizzano le facoltà di economia. E quindi sui criteri di valutazione dei ricercatori, che nell’attuale sistema ANVUR sono fondati esclusivamente su parametri apparentemente oggettivi, ma che di fatto incentivano l’omologazione del pensiero e, come dice il premio Nobel Heckman, il carrierismo rispetto alla libertà intellettuale.
Ci interrogheremo poi sulla necessità di confronto tra le diverse teorie e scuole economiche, sulle diverse concezioni del lavoro, del valore, della crescita, e sulle diverse implicazioni politiche a cui giungono. E’ infatti spesso dimenticato come l’opinione pubblica dei cittadini e anche dei politici sia quasi totalmente influenzata dalle considerazioni e assunzioni teoriche, mai del tutto verificate, di una sola teoria economica, di sintesi neoclassica, mentre la scuola classica, keynesiana, istituzionalista, per fare solo degli esempi, vengono volontariamente ignorate ed espulse dal dibattito culturale e accademico.

Francesco Saraceno (Sciences-Po e autore di “La scienza inutile”)
Lorenzo Fioramonti (Viceministro Miur)
Francesco Sylos Labini (Cnr e autore di “Rischio e previsione”)
Pasquale Tridico (Università Roma Tre)
Gabriele Guzzi (Rethinking Economics Italia)

La riforma dei curricula accademici e dell’economia in generale è oggi un’urgenza assoluta per il progresso della nostra civiltà. Per questo ogni relatore affronterà una specifica questione e in fine cercheremo, nel dibattito, di giungere a una sintesi costruttiva che sappia coniugare la necessità di denunciare lo status quo con il bisogno di proporre valide alternative.

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