Caso Bucci-Madia-Sylos Labini: il GIP archivia

imagesCome ricorderanno i nostri lettori più attenti qualche tempo fa ho scritto un paio di articoli (e una lettera aperta) per chiarire il fatto che mio padre, Paolo Sylos Labini, non ha plagiato alcunché: sembrerà strano a chi non ha seguito la vicenda, ma nell’accademia italiana dei nostri tempi succede anche questo. In seguito al primo dei due articoli (la versione pubblicata su Il Fatto Quotidiano, quella più estesa e pubblicata su Roars è visibile a questo link) sono stato querelato per diffamazione (insieme al direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio). Poiché penso che la vicenda non riguardi solo lo scrivente, ma sia di interesse pubblico, ne ripercorro brevemente i punti salienti e spiego i termini dell’ “aspra diatriba legale”.

1) Un’indagine giornalistica ha paventato il sospetto che nella tesi di dottorato presentata alla Scuola IMT di Lucca dalla signora Marianna Madia, ex Ministro del lavoro, vi fossero varie porzioni di testo oggetto di plagio (si veda qui per le slides  e qui e qui per l’indagine giornalistica).

2) a seguito di questa vicenda la Scuola IMT apre un’indagine interna. Tuttavia, invece di nominare un comitato indipendente di noti economisti, IMT ha scelto una società di consulenza per eseguire un esame supplementare del documento, con un affidamento diretto a titolo oneroso. La società di consulenza ha confermato che parti del testo sono state effettivamente prese di peso da altre pubblicazioni senza alcuna citazione, ma ha anche suggerito un’insolita giustificazione, affermando che questa sarebbe una pratica comune in economia, il campo specifico della tesi.

3) In particolare, nella perizia effettuata dal biologo Enrico Bucci sulla tesi di dottorato del Ministro Madia, commissionata dall’Alta Scuola IMT di Lucca, per verificare la diffusione del plagio nella ricerca economica, si è scelto di analizzare, oltre ai lavori d’ignoti economisti svedesi, il “Manifesto contro la disoccupazione nell’Unione Europea”. Questo documento è stato scritto da mio padre, Paolo Sylos Labini, nel 1998 con altri colleghi economisti: Jean Paul Fitoussi, Franco Modigliani, Beniamino Moro, Dennis Snower, Robert Solow, e Alfred Steinherr.

4) Nella consulenza il Manifesto veniva definito un (si veda qui e qui)

“saggio che ha ricevuto centinaia di citazioni”,

dall’analisi del quale sarebbe emerso che

“contiene brani di lunghezza anche superiore ad una mezza
pagina tratti per intero da singoli lavori precedenti, senza che le fonti siano citate”.

Concludendo che

“Anche questo lavoro, come la tesi oggetto di indagine, contiene numerosi brani tratti da testi precedenti, senza peraltro che la fonte sia citata, a conferma di uno standard diffuso nel settore disciplinare e probabilmente diverso da quello di altri settori.

In questo contesto risulta quindi difficile immaginare come una studentessa di dottorato in un’area ove è evidentemente così diffusa la pratica di prendere a prestito lunghi paragrafi da testi precedenti potesse agire diversamente da quanto riscontrato, utilizzando per sua scelta uno standard diverso da quello dei migliori accademici del campo”.

5) Indignato da questo proditorio e inammissibile accostamento ho scritto l’articolo su Il Fatto Quotidiano in cui ho sottolineato che:

Trattandosi di un manifesto, è ovvio che non contenga riferimenti bibliografici come qualsiasi articolo scientifico; ed è altrettanto ovvio che cinquanta tra i più noti economisti del mondo non avessero alcuna ragione per plagiare alcunché. Chi ha scritto quella perizia per conto di IMT, non avendo cognizione di causa di ciò che stava analizzando, ha sbagliato completamente bersaglio, confondendo un manifesto politico con un articolo scientifico.

concludevo chiedendomi

Come sia possibile che l’IMT, a quanto si dice un’eccellenza del paese, e il comitato dei tre Saggi da questo nominato (i professori Francesco Donato Busnelli, Massimo Egidi e Giovanni Maria Flick) abbiano potuto avallare una perizia basata, tra l’altro, su un tale elementare e marchiano errore, è una questione aperta che richiederà una risposta convincente di fronte ALL’OPINIONE pubblica, mentre io valuterò le strade da intraprendere per tutelare, anche da un punto di vista legale, la memoria di mio padre (essendo anche Presidente dell’Associazione fondata in suo onore). Di certo si tratta di un’operazione tanto incredibile quanto misera, che dovrebbe far riflettere sul livello raggiunto DALL’ACCADEMIA (e dalla sua eccellenza?) di questo paese

6)  Enrico Bucci che ha scritto il rapporto per IMT ha sporto querela per diffamazione nei miei confronti (insieme con Marco Travaglio, Direttore Responsabile de Il Fatto Quotidiano) in particolare per le frasi al punto 5)

7) Il “Manifesto” appartiene alla categoria dei documenti politici  (è stato pubblicato in quattro diverse riviste all’incirca nello stesso periodo). Nel frattempo i controlli effettuati dal prof. Alessandro Roncaglia e il prof. Carlo D’Ippoliti (ex editore della rivista trimestrale BNL (ora PSL) in cui il “Manifesto” era stato pubblicato) hanno escluso qualsiasi forma di plagio:

“Utilizzando il software Compilatio, a disposizione del nostro Ateneo per verificare eventuali plagi da parte degli studenti, abbiamo verificato che il testo contiene due capoversi, pari a molto meno dell’1% del testo, non identici ma molto simili a due passaggi tratti da articoli precedenti di uno degli stessi autori del Manifesto, D. Snower.”

Dunque, dimenticandoci per un attimo che il Manifesto è un documento politico e non un articolo scientifico, si tratterebbe di un caso di autoplagio (Self-plagiarism) che chiunque si sia occupato di temi di etica delle pubblicazioni dovrebbe sapere essere questione assai diversa e da non confondere con il plagio (plagiarism). Ma, essendo il Manifesto un documento politico, quell’1% di testo in comune con un articolo pubblicato da uno degli autori del Manifesto non significa assolutamente nulla.

8) Il PM il 04.07.2018 presentava richiesta di archiviazione:

9) Bucci si oppone alla richiesta di archiviazione. La decisione finale del GIP del 1 luglio 2019 è motivata così:

10) A questo punto si possono aggiungere varie altre considerazioni a margine di questa penosa coda giudiziaria di una vicenda già esecrabile di suo: come è possibile che sia stata affidata una perizia così delicata (tesi di dottorato dell’ex ministro del lavoro, esponente di punta del PD, nonché con Ph.D ottenuto in una istituzione da poco costituita che viene spesso definita di eccellenza) a una persona che ha fatto

un tale elementare e marchiano errore?

Come fanno a giustificare il loro operato Francesco Donato Busnelli, Massimo Egidi e Giovanni Maria Flick e la direzione dell’IMT?

Queste per il momento le domande che riguardano l’opinione pubblica e che devono avere una risposta, che finora non è arrivata.

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