Novanta secondi alla mezzanotte

Per 75 anni, il Doomsday Clock, l’orologio del giorno del giudizio, è stato una metafora delle minacce che incombono sull’esistenza umana. Questo orologio segnala quanto siamo vicini a distruggere il mondo con tecnologie pericolose di nostra creazione.  Quando fu creato nel 1947, il posizionamento del Doomsday Clock si basava sulla minaccia rappresentata dalle armi nucleari, all’epoca il pericolo maggiore per l’umanità. Oggi è stato regolato all’ora più vicina alla mezzanotte di sempre.

Leo Szilard, il fisico ungherese che è stato insieme ad Enrico Fermi al centro del Progetto Manhattan che ha portato alla costruzione della prima bomba atomica, era fortemente contrario all’uso in guerra della bomba. Insieme al premio Nobel James Franck e ad altri scienziati del Progetto, firmò un documento in cui si sosteneva che gli Stati Uniti avrebbero dovuto annunciare una dimostrazione pubblica dell’arma in un’area disabitata e poi usare la minaccia per spingere il Giappone ad arrendersi. Purtroppo, come ben noto, nell’agosto 1945, gli Stati Uniti sganciarono le bombe atomiche sulle città di Hiroshima e Nagasaki. Szilard e molti altri scienziati del Progetto Manhattan si riunirono immediatamente dopo questi orribili eventi per discutere su come informare il pubblico sulla scienza e sulle sue implicazioni per l’umanità. Formarono il Bulletin of the Atomic Scientists con la missione: “fornire al pubblico, ai responsabili politici e agli scienziati le informazioni necessarie per ridurre le minacce antropiche alla nostra esistenza”. Per 75 anni, il Bulletin ha continuato ad essere un’organizzazione indipendente e senza scopo di lucro, pubblicando un sito web ad accesso gratuito e una rivista bimestrale. La sua missione è quella di “riunire un insieme eterogeneo delle voci più informate e influenti che seguono le minacce causate dall’uomo”, al fine di informare il pubblico e il mondo in generale.

Nel 2007, il Bollettino ha iniziato a includere nelle sue deliberazioni di posizionamento della lancetta anche le catastrofi causate dai cambiamenti climatici e le “tecnologie dirompenti”, tra cui la bio-sicurezza e la cybersicurezza. Il Consiglio per la Scienza e la Sicurezza del Bollettino è un gruppo di 18 esperti, con formazione diverse che vanno dalla politica alla diplomazia, dalla storia militare alla scienza nucleare, si riunisce due volte l’anno per discutere di eventi, politiche e tendenze e a gennaio annuncia la nuova regolazione.  La regolazione più lontana dalla mezzanotte è stata a meno 17 minuti: successe nel 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la firma del Trattato di riduzione delle armi strategiche. Fino a poco tempo fa, l’orologio era stato regolato due volte a due minuti dalla mezzanotte: la prima volta nel 1953, quando gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica testarono entrambi le armi termonucleari, e poi nel 2018, a causa della “rottura dell’ordine internazionale” degli attori nucleari, oltre alla continua mancanza di azione sul cambiamento climatico. Poi, nel 2020, l’orologio si è spostato più vicino che mai: 100 secondi alla mezzanotte. Quest’anno, il Comitato ha spostato in avanti le lancette soprattutto (anche se non esclusivamente) a causa dei crescenti pericoli della guerra in Ucraina. L’orologio è ora a 90 secondi dalla mezzanotte, il momento più vicino alla catastrofe globale che ci sia mai stato.

Non è più materia di dibattito se il conflitto in Ucraina sia o meno per procura tra NATO e la Russia, quando anche il ministro della difesa ucraino lo ha confermato. L’idea che ci possa essere una guerra nucleare limitata tra le due super-potenze è semplicemente una favola che si racconta per tranquillizzare l’opinione pubblica. L’unica maniera da uscire da questa situazione è la via diplomatica, ma sembra che i diplomatici siano oggi impegnati piuttosto nella guerra: la diplomazia consiste nel sedersi e parlare con la tua controparte per capire quali sono i problemi e come risolverli e non continuare a gettare benzina sul fuoco. Al contrario molti pensano, con il primo ministro finlandese Sanna Marin, che “non c’è un’altra possibilità che la vittoria dell’Ucraina”. Ci si chiede: ma ci sono adulti nella stanza? Sembra di no, anzi, sembra che in poco tempo sia svanita la lezione del dopoguerra sugli equilibri internazionali. Nell’ultimo anno grazie ad una propaganda pervasiva, c’è stato l’avvelenamento dei pozzi del discorso pubblico per rendere la conclusione che l’unica soluzione è rappresentata dalla guerra accettabile e necessaria. Questo è stato il compito della maggior parte dei media: sostituire ad una analisi razionale il messaggio emozionale per cui sì sarà un po’ duro ma bisogna dargli una lezione a questi russi altrimenti si sdogana la legge del più prepotente. Questo è alla fine il messaggio, ipocrita e folle, che è passato facendo leva sull’anticomunismo (i russi sono figli del sistema comunista come noi lo siamo dei fascisti e i tedeschi dei nazisti) o comunque sulla russofobia che è ben più radicata e che risale a vari secoli addietro. Non dobbiamo cadere nella trappola di andare dietro alla promessa della nuova arma che cambierà il corso della guerra e dobbiamo fare tutta la pressione possibile per non spostare le lancette ancora più vicino alla mezzanotte. Al contrario di quanto afferma il segretario della NATO Jens Stoltenberg, “le armi sono – di fatto – la via per la pace”, noi preferiamo ricordarci della lezione di George Orwell che usò quasi le stesse parole, la “la guerra è pace”, per dipingere un mondo distopico che avremmo voluto vedere solo al cinema. 

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