Perché la Russia non è crollata?

Il 24 febbraio 2022, truppe e carri armati russi hanno attraversato il confine ucraino; la principale risposta dell’Occidente è stata l’imposizione delle sanzioni economiche più dure e complete in un secolo, pari a una vera e propria guerra economica. Uno dei generali di questa guerra è stato Mario Draghi che affermava a giugno 2022 “Le sanzioni funzionano. Il Fondo monetario internazionale prevede che quest’anno il costo inflitto all’economia russa sarà pari a 8.5 punti del Pil. Il tempo ha rivelato e sta rivelando che queste misure sono sempre più efficaci.”  Secondo Enrico Letta (marzo 2022) “le sanzioni sono durissime e stanno facendo molto male alla Russia che è vicina al default”. Queste previsioni sono state smentite da quello che è avvenuto in seguito. I conflitti armati sono spesso determinati dal potere economico, mentre l’intricata interazione tra storia e politica gioca un ruolo cruciale nel plasmare l’economia di una nazione e di come questa reagisce in tempi di crisi. Perché dunque l’economia russa non è crollata? Questa è una domanda imbarazzante che è stata espunta dal dibattito pubblico, proprio perché un anno fa gli esperti rassicuravano che le sanzioni avrebbero messo velocemente in ginocchio un paese considerato “una stazione di gas con armi nucleari”. Non sembra che questa visione della Russia si sia rilevata corretta. Da osservatore mi sono fatto una idea. 

Ho avuto molti collaboratori russi e ci sono stato varie volte dagli anni ’90 fino a prima del Covid e dunque ho avuto modo di vedere da vicino quello che è accaduto negli ultimi trent’anni e di discutere con vari accademici russi come anche con molti studenti che hanno lavorato con me anche a Roma.  Negli anni ‘90 in Russia c’è dunque stata una crisi economica molto più grande di quella del ’29: l’intera economia si è contratta del 50% con inflazione alle stelle, alcolismo endemico, boom di suicidi, e un’aspettativa di vita per gli uomini di soli 57 anni, più bassa di quella sotto Stalin.  Un professore universitario a San Pietroburgo mio collega per sopravvivere doveva coltivare patate sul balcone di casa. Rispetto a quella situazione ci sono stati miglioramenti enormi e questa nuova stabilità economica e sociale è alla base del successo politico di Putin. Il mio collega ed amico, che purtroppo è mancato l’anno scorso per Covid, negli ultimi anni non coltivava più patate e riusciva a sopravvivere con il suo stipendio di professore universitario. Un altro collega, professore di fisica teorica, fino a qualche anno fa faceva il tassista notturno Uber con grande sorpresa per gli avventori che si imbattevano in un autista che parlava inglese perfettamente, esperto di letteratura americana, che ascoltava Shostakovich mentre guidava. Rispetto agli anni ‘90, comunque un altro mondo. Non solo per l’economia, ma anche per il nuovo status di grande potenza della Russia, seppure ridimensionata rispetto all’URSS.

In teoria, le sanzioni occidentali sono state concepite per paralizzare la Russia e distruggere questo nuovo benessere. Misure mirate dovevano paralizzare il commercio di materiali e componenti tecnologici di cui c’è estremo bisogno. Nel frattempo, la banca centrale russa ha subito il congelamento di oltre il 60% delle sue riserve da parte dell’Occidente. La Russia è stata tagliata fuori da Swift il sistema bancario internazionale: in un mondo globalizzato, questo è stato visto come un colpo mortale diretto al cuore della economia russa. Il consenso generale espresso dagli esperti, dagli economisti e dai media, preannunciava l’imminente catastrofe economica della Russia. Le previsioni andavano dal completo collasso del sistema finanziario russo all’iperinflazione, a una catastrofica contrazione del 15% del PIL entro la fine del 2022. Eppure, un anno dopo, malgrado anche l’esplosione dei gasdotti, l’economia russa è ancora in fase di sviluppo e sembra aver superato ogni singola fosca previsione. Alla fine del 2022, il PIL si è ridotto appena, l’inflazione è aumentata ma molto meno del previsto, e la disoccupazione ha raggiunto i minimi storici, mentre lo Stato si è riempito di denaro. Tutto questo è il risultato di un’azione rapida dello Stato russo e di anni di preparazione, ma anche di una incomprensione della realtà russa odierna da parte dei governi occidentali, uno sterminato paese con enormi risorse naturali necessarie a tutti, a cominciare dai paesi emergenti come Cina e India. E con questo risultato per un paese con un PIL pari al 3% di quelle dei paesi del G7 che hanno imposto le sanzioni viene da chiedersi: ma il PIL davvero misura in maniera completa lo stato dell’economia?  Nonostante l’eccessiva dipendenza della Russia dalle esportazioni di energia, l’Europa è diventata altrettanto dipendente dall’energia russa e di fatto, la Russia per tutto il 2022 ha utilizzato i proventi delle vendite di petrolio e gas all’Europa per continuare la sua campagna in Ucraina. In seguito, mentre la maggior parte dei Paesi europei ha spostato gran parte delle proprie importazioni di energia dalla Russia verso altri fornitori, pagando prezzi ben più alti che hanno contribuito a far salire l’inflazione, il commercio della Russia con i Paesi non occidentali, che non hanno imposto le sanzioni e che rappresentano l’85% della popolazione mondiale, ha registrato un boom.

In un momento in cui la situazione geopolitica internazionale sta cambiando rapidamente non è semplice fare delle previsioni affidabili per la tenuta della Russia nel lungo periodo, ma possiamo essere sicuri che dovrà passare molto tempo prima che si possano ristabilire delle relazioni di collaborazione scientifica e culturale: la russofobia occidentale, cioè l’assurda identificazione della cultura e del cittadino russo con il suo governo, ha creato una frattura che rimarrà aperta per molte generazioni.   

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