Category Archives: Editorials

From the “End of History” to the Beginning of the Current Nightmare

Introduction to Jeffrey Sachs’ lecture at the Vittorio Foundation: “Geopolitics of a changing world” published by Il Ponte

“The old world is dying, the new one is slow to appear, and in this twilight, monsters are born.” This phrase by Antonio Gramsci perfectly captures the essence of the historical moment we are experiencing. Instead of witnessing the “end of history,” we have seen the opening of Pandora’s box, from which have emerged the monsters that inhabit our present nightmare.

Since the beginning of the war in Ukraine, Jeffrey Sachs has been an essential reference for understanding its causes. He seems to embody a character from Italo Calvino’s short story All at One Point, narrating his own story—he who was there at the beginning of time and space when the Big Bang occurred. Sachs was there at the Big Bang of our era because he was in the Kremlin’s Hall when Boris Yeltsin signed the decree dissolving the Soviet Union in 1991.

That moment was a key turning point in our era: suffice it to say that in 1991, the “Doomsday Clock” was set at 17 minutes to midnight, whereas in 2024, we are only 90 seconds away from nuclear apocalypse. How and why the peace capital we inherited in 1991 was squandered is the story of the nightmare we are now living.

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Dalla “fine della Storia” all’inizio dell’incubo attuale

Introduzione alla lezione di Jeffrey Sachs alla Fondazione di Vittorio: “Geopolitics of a changing world” pubblicata da Il Ponte

“Il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire ed in questo chiaroscuro nascono i mostri”. Questa frase di Antonio Gramsci coglie molto bene l’essenza del momento storico in cui ci troviamo.  Invece che alla “fine della storia” abbiamo assistito all’apertura del vaso di Pandora da cui sono fuoriusciti i mostri che popolano l’incubo attuale.  

Jeffrey Sachs dall’inizio della guerra in Ucraina è stato un riferimento imprescindibile per capirne la ragioni e sembra attualizzare un personaggio della novella di Calvino “Tutto in un punto” che racconta la sua storia, lui che era lì all’inizio del tempo e dello spazio quando è avvenuto il Big Bang. Sachs è stato lì quando cominciò il Big Bang della nostra epoca perché si trovava nella sala del Cremlino quando Eltsin firmò il decreto di dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991…..

Altro che carri armati: L’Europa tema le piazze

Mentre in Italia Berlusconi giustificava i tagli a università e ricerca con lo slogan: “Perché dobbiamo pagare uno scienziato, se facciamo le scarpe più belle del mondo?”, la Cina intraprendeva un cammino opposto, diventando in pochi anni una vera e propria superpotenza scientifica. Oggi ha superato sia gli Stati uniti sia l’Unione europea per numero di articoli scientifici ad alto impatto pubblicati ogni anno. La sua ascesa è stata rapidissima: rispetto alla media del periodo 1996-1998, la produzione scientifica cinese è aumentata di 18 volte, e di 3,6 volte rispetto al periodo 2006-2008. Nel 2003, gli Stati Uniti pubblicavano 20 volte più articoli della Cina; nel 2013 il rapporto era già sceso a quattro, e dal 2022 Pechino ha superato entrambi.

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Tanks are not the threat—Europe should fear the public uprising

While in Italy Berlusconi was justifying cuts to universities and research with the slogan: “Why should we pay a scientist if we make the most beautiful shoes in the world?”, China was heading in the opposite direction—rapidly becoming a true scientific superpower.
Today, it has overtaken both the United States and the European Union in the number of high-impact scientific articles published annually.

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Is Europe in Crisis? Draghi Is One of the Main Culprits

During his hearing before the Chamber of Deputies, Mario Draghi highlighted how, over time, public spending has been sacrificed—compressing domestic demand, neglecting infrastructure, and cutting investment in research, technological innovation, and climate policy. But who exactly is the subject of this “we”? Draghi himself, of course—starting with the famous letter he co-signed with then ECB President Jean-Claude Trichet, a line later followed by the Monti government.

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L’Europa è in crisi? Draghi è tra i primi responsabili

Durante la sua audizione alla Camera dei deputati, Mario Draghi ha evidenziato come, nel tempo, si sia sacrificata la spesa pubblica comprimendo la domanda interna, trascurando le infrastrutture e riducendo gli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e clima. Ma chi è il soggetto di questo “abbiamo”? Lui stesso, naturalmente, fin dalla famosa lettera scritta insieme all’allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet—una linea poi seguita dal governo Monti.

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With Good versus Evil, the war will never end

The debate between Volodymyr Zelensky and Donald Trump in the Oval Office is rooted in two diametrically opposed views on the origins of the war and, consequently, on the path to ending it. Understanding the true causes of the conflict is therefore essential to defining an effective strategy for its resolution.

Zelensky’s approach, shared by European leaders, has been shaped by the dominant narrative in mainstream media: that this is a war of imperialist aggression, in which Putin has chosen to deny Ukraine’s independence, aiming to reintegrate it into Russia, following a logic comparable to that of Nazi Germany in 1939. According to this interpretation, negotiating with an imperialist aggressor would be a sign of weakness, serving only to fuel further expansionism. The only way to stop an aggressor, then, is to show firmness and determination. From this perspective, victory can only come in two ways: on the battlefield or by forcing Russia into total surrender at the negotiating table. In no case, however, should compromises be made—neither for moral reasons nor because it would further exacerbate the situation.

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Col Bene contro il Male la guerra non finirà mai

Il dibattito tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump avvenuto nello Studio Ovale affonda le sue radici in due visioni diametralmente opposte su come abbia avuto origine la guerra e, di conseguenza, su quale sia la strada per porvi fine. Comprendere le vere cause del conflitto è dunque essenziale per definire una strategia efficace per la sua risoluzione.
L’approccio di Zelensky, condiviso dai leader europei, è stato plasmato dalla narrazione dominante nei media mainstream: si tratterebbe di una guerra di aggressione imperialista, in cui Putin avrebbe deciso di negare l’indipendenza dell’Ucraina, mirando a riassorbirla nella Russia, secondo una logica paragonabile a quella della Germania nazista nel 1939. Seguendo questa interpretazione, negoziare con un aggressore imperialista equivarrebbe a una dimostrazione di debolezza, destinata unicamente ad alimentarne l’espansionismo. L’unico modo per fermare un aggressore, quindi, è dimostrare fermezza e risolutezza. In questa prospettiva, la vittoria può arrivare solo in due modi: sul campo di battaglia o costringendo la Russia alla resa totale al tavolo delle trattative. In nessun caso, però, si dovrebbe scendere a compromessi, né per ragioni morali, né perché questo aggraverebbe ulteriormente la situazione.

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The War Is Lost—Now Europe Pays the Price

U.S. Defense Secretary Pete Hegseth has clearly outlined the three concrete conditions agreed upon by Donald Trump and Vladimir Putin to initiate negotiations on ending the war in Ukraine: no NATO membership for Ukraine—a demand Russia has made since the Munich Conference of 2007, when Putin explicitly stated that this would be an unbreachable red line. No presence of American troops in Ukraine. No application of NATO’s Article 5 and no NATO peacekeeping mission in Ukraine. The latter two conditions seem self-evident, considering that the war erupted precisely to prevent the presence of NATO forces on Ukrainian territory.

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Persa la guerra, adesso il conto lo paga l’Europa

Il Segretario della Difesa degli Usa, Pete Hegseth, ha delineato con estrema chiarezza le tre condizioni concrete concordate da Donald Trump e Vladimir Putin per avviare i negoziati sulla fine della guerra in Ucraina: nessuna adesione dell’Ucraina alla Nato, una richiesta avanzata dalla Russia sin dalla Conferenza di Monaco del 2007, quando Putin dichiarò esplicitamente che questa sarebbe stata una linea rossa invalicabile. Nessuna presenza di truppe americane in Ucraina. Nessuna applicazione dell’articolo 5 Nato e nessuna missione di pace di quest’ultima in Ucraina. Le ultime due condizioni appaiono scontate, considerando che la guerra è scoppiata proprio per impedire la presenza di forze Nato in territorio ucraino.

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