M: Tuttavia, ad essere realisti, non si può negare che non tutti i ricercatori e docenti producono la stessa qualità di ricerca: un qualche parametro trasversale di valutazione va trovato. Vi è una parte propositiva nel suo libro? In altri termini, anche il bando diversificato con un 30% di esiti positivi richiede una selezione e una valutazione, ma di che tipo? Solo a priori o anche a posteriori per verificare come sono stati impiegati i soldi pubblici?
FSL: Nel mio libro discuto il problema del finanziamento ai progetti. In genere ci si concentra esclusivamente sull’idea di rendere la ricerca più conveniente ritirando i fondi ai «cattivi ricercatori» per darli piuttosto ai «buoni ricercatori». Non ci si preoccupa della possibilità di fare un errore di questo tipo: ritirare i finanziamenti ai ricercatori che avrebbero compiuto importanti progressi se la loro ricerca fosse stata sostenuta. Una delle idee che mi sembrano interessanti da considerare per alleviare il problema, e che da poco ha avuto risonanza anche su riviste di una certa notorietà, riguarda l’introduzione di un po’ di casualità nel processo di selezione. Un po’ di rumore può aiutare a dirottare i fondi di ricerca verso progetti che non siano troppo conformisti: in fin dei conti è una storia nota, e anche nella scelta del Doge di Venezia si adottava un criterio che introduceva un po’ di casualità per non scegliere sempre i rampolli delle solite famiglie
Per quanto riguarda la valutazione dell’operato dei ricercatori e dei docenti la situazione è diversa. Innanzitutto bisogna sempre tener conto di due punti: (1) il compito di un docente universitario non è solo far ricerca e (2) le aree più problematiche sono quelle contigue alle professioni. Per quanto riguarda il primo punto, malgrado sia ovvio, molto spesso viene dimenticato: nell’università è importante la didattica oltre che la ricerca. La valutazione della didattica è molto più difficoltosa, ma questo non è un buon motivo per ignorarla come viene fatto ora: il filosofo della scienza Donald Gillies nel suo interessante libro “How should research be organized” ha proposto con un certo dettaglio un sistema di valutazione che consideri la didattica e non soffochi l’innovazione. Per quanto riguarda il secondo punto è del tutto chiaro che le aree in cui ci sono fenomeni più frequenti di malcostume sono quelle in cui l’attività accademica e quella professionale sono molto vicine, e in cui l’una supporta l’altra. Per questo basterebbe intervenire in maniera semplice a partire da un monitoraggio degli incarichi e dalle entrare extra universitarie. In ogni caso un discorso serio sulla valutazione si può fare solo in presenza di risorse e non in una situazione di radicale riduzione di queste.
Seguito dell’intervista pubblicata su Micromega a cura di Olmo Viola e Francesco Suman clicca qui per leggere la versione integrale e qui per le varie puntate su questo blog