Negli anni 90 l’allora presidente della Commissione europea lanciò l’“economia della conoscenza”. Ma la sua visione fu sostituita da quella della “rendita”. Risultato: la Cina ci batte in tutto
Negli anni 90 Jacques Delors, allora presidente della Commissione europea, lanciò la visione dell’“economia della conoscenza” come strategia per il futuro del continente. In un contesto segnato da globalizzazione, rivoluzione digitale, ascesa dei paesi asiatici, delocalizzazioni produttive e crescente finanziarizzazione, Delors avvertì il rischio che l’Europa restasse indietro se avesse continuato a puntare solo su industria tradizionale e mercato interno. La sua idea era chiara: sapere, innovazione e formazione dovevano diventare il nuovo motore dello sviluppo. Conoscenza, istruzione e ricerca dovevano essere considerate risorse produttive al pari, se non più, del capitale e del lavoro.
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La ricerca scientifica è cruciale per l’innovazione e driver della crescita economica. Cina e USA continuano a investire in R&S mentre l’Europa resta indietro e, salvo alcune eccezioni, ha evidenti difficoltà nello sviluppo tecnologico e compromesso il futuro di tanti ricercatori. Ecco che sta succedendo
La crisi economica del 2007-2008 ha rappresentato un punto di svolta storico nello sviluppo di molte economie nazionali. In particolare, alcuni paesi hanno interpretato la crisi come un’occasione per rilanciare le proprie politiche di sviluppo e dunque per aumentare l’investimento in ricerca e sviluppo (R&S) mentre altri hanno adottato, per ragioni diverse, una politica opposta che si è realizzata in tagli di bilancio proprio nei settori più sensibili da un punto di vista dello sviluppo tecnologico: ricerca, innovazione e alta formazione.