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Scienze sociali e sistema globale: sguardi interdisciplinari

Un ciclo di seminari a cura di Felice Addeo e Domenico Maddaloni

In pieno caos: 

Il mondo contemporaneo e le sue molteplici crisi

A partire dal libro di Francesco Sylos Labini e Matteo Caravani, Bussola per un mondo in tempesta, Futura Edizioni, 2024

Introduce Graziano Palamara 

Interventi programmati: Felice Addeo, Adalgiso Amendola jr, Massimiliano Bencardino, Luca Castagna, Domenico Maddaloni

Martedì 8 aprile 2025 ore 10.30

Aula «Vittorio Foa»

Saranno presenti gli autori

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With Good versus Evil, the war will never end

The debate between Volodymyr Zelensky and Donald Trump in the Oval Office is rooted in two diametrically opposed views on the origins of the war and, consequently, on the path to ending it. Understanding the true causes of the conflict is therefore essential to defining an effective strategy for its resolution.

Zelensky’s approach, shared by European leaders, has been shaped by the dominant narrative in mainstream media: that this is a war of imperialist aggression, in which Putin has chosen to deny Ukraine’s independence, aiming to reintegrate it into Russia, following a logic comparable to that of Nazi Germany in 1939. According to this interpretation, negotiating with an imperialist aggressor would be a sign of weakness, serving only to fuel further expansionism. The only way to stop an aggressor, then, is to show firmness and determination. From this perspective, victory can only come in two ways: on the battlefield or by forcing Russia into total surrender at the negotiating table. In no case, however, should compromises be made—neither for moral reasons nor because it would further exacerbate the situation.

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Col Bene contro il Male la guerra non finirà mai

Il dibattito tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump avvenuto nello Studio Ovale affonda le sue radici in due visioni diametralmente opposte su come abbia avuto origine la guerra e, di conseguenza, su quale sia la strada per porvi fine. Comprendere le vere cause del conflitto è dunque essenziale per definire una strategia efficace per la sua risoluzione.
L’approccio di Zelensky, condiviso dai leader europei, è stato plasmato dalla narrazione dominante nei media mainstream: si tratterebbe di una guerra di aggressione imperialista, in cui Putin avrebbe deciso di negare l’indipendenza dell’Ucraina, mirando a riassorbirla nella Russia, secondo una logica paragonabile a quella della Germania nazista nel 1939. Seguendo questa interpretazione, negoziare con un aggressore imperialista equivarrebbe a una dimostrazione di debolezza, destinata unicamente ad alimentarne l’espansionismo. L’unico modo per fermare un aggressore, quindi, è dimostrare fermezza e risolutezza. In questa prospettiva, la vittoria può arrivare solo in due modi: sul campo di battaglia o costringendo la Russia alla resa totale al tavolo delle trattative. In nessun caso, però, si dovrebbe scendere a compromessi, né per ragioni morali, né perché questo aggraverebbe ulteriormente la situazione.

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Even before Trump, the world had rejected U.S. unipolarism

The Biden administration will be remembered for creating the conditions for the return of a devastating war in the heart of Europe, its unconditional support for Israel, and, last but not least, for escalating the economic war with China. The Doomsday Clock, managed by atomic scientists and symbolically counting the time separating us from nuclear apocalypse midnight, has moved from 100 to 90 seconds since Biden’s inauguration. Climate catastrophe is advancing inexorably; the United States has increased oil and gas production. However, the most critical front remains Ukraine, where two nuclear powers face off. The war, provoked by NATO’s eastward expansion—as is now evident to everyone—appears to be entering its final stage. The Trump administration will have to manage an epic defeat, this time not against an asymmetric enemy like in Vietnam or Afghanistan, but against a major power.

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Già prima di Trump il mondo ha respinto l’unipolarismo Usa

L’amministrazione Biden sarà ricordata per aver posto le condizioni per il ritorno di una guerra devastante nel cuore dell’Europa, per il suo supporto incondizionato a Israele e, in ultimo ma non meno importante, per l’acuirsi della guerra economica con la Cina. Il Doomsday clock, l’orologio controllato dagli scienziati atomici che simbolicamente conta il tempo che ci separa dalla mezzanotte dell’apocalisse nucleare è passato da 100 a 90 secondi dall’insediamento di Biden. La catastrofe climatica procede inarrestabile, gli Stati Uniti hanno incrementato la produzione di petrolio e gas, ma il fronte più critico è sempre quello ucraino dove si fronteggiano due potenze nucleari. La guerra provocata dall’avanzamento verso Est della Nato, come ora risulta evidente a chiunque, sembra avviarsi alla sua fase terminale. L’amministrazione Trump si troverà a gestire una sconfitta epocale, questa volta non contro un nemico asimmetrico come nel caso del Vietnam o dell’Afghanistan, ma contro una grande potenza.

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