Tag Archives: Il Fatto Quotidiano

Ripensare del tutto la NATO e la UE

Dal documento della National Security Strategy emerge che gli Stati Uniti sono immersi in una profonda crisi economica e sociale, maturata negli ultimi trent’anni con la trasformazione del sistema produttivo: da un’economia fondata su ricerca e innovazione si è passati a un modello finanziario dominato da oligarchie e rendite. Per competere con la Cina, Washington deve ora reindustrializzarsi e ricostruire catene di approvvigionamento globali, ridimensionando anche il proprio apparato militare (oltre 750 basi in circa 200 Paesi). A ciò si aggiunge la consapevolezza, sul piano strategico, di aver perso la guerra in Ucraina, combattuta per procura. Le élite europee rimuovono questo scenario catastrofico, il fatto di aver fomentato una guerra fallita, di avere un’economia in frantumi, media controllati e assenza di sviluppo. Oggi il primo passo è aprire una discussione reale sulle conseguenze della sconfitta, condizione preliminare per ripensare il senso stesso della Nato e dell’Unione europea, almeno nelle loro forme attuali.

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Europe must accept that a new world has emerged

by Francesco Sylos Labini

In his 1992 essay The End of History and the Last Man, political scientist Francis Fukuyama argued that with the defeat of its two main rivals — fascism and communism — liberal democracy would establish itself as the definitive model for the political organization of states, the market economy as the dominant economic structure, and Western values as the universal ethical reference point. According to this vision, these pillars would no longer face significant challengers, effectively enshrining Margaret Thatcher’s famous motto: There is no alternative. The European project was also built upon these premises.

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L’Europa deve accettare che c’è un nuovo mondo


di Francesco Sylos Labini

Nel suo saggio del 1992, La fine della storia e l’ultimo uomo, il politologo Francis Fukuyama sosteneva che, con la sconfitta dei suoi due principali rivali – il fascismo e il comunismo – la democrazia liberale si sarebbe affermata come modello definitivo per l’organizzazione politica degli Stati, l’economia di mercato come struttura economica predominante e i valori occidentali come riferimento etico universale. Secondo questa visione, tali pilastri non avrebbero più incontrato concorrenti significativi, sancendo di fatto il celebre motto di Margaret Thatcher: There is no alternative. Su queste premesse si è sviluppato anche il progetto europeo.

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The Old World Is Over. Global Reforms Are Needed

The international order established eighty years ago, at the end of the Second World War, guaranteed decades of prosperity and stability. But that world no longer exists. Over the past fifty years, there has been a massive shift of economic, scientific, and technological power from the West to the East — a structural transformation that makes a revision of the global order inevitable.

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The EU and the Failure of Delors’ Dream


In the 1990s, then–European Commission President Jacques Delors launched the vision of a “knowledge economy” as the strategy for the continent’s future.

Amid globalization, the digital revolution, the rise of Asian economies, offshoring, and growing financialization, Delors warned of the risk that Europe would fall behind if it continued to rely solely on traditional industry and the internal market. His idea was clear: knowledge, innovation, and education had to become the new drivers of development. Education and research were to be considered productive resources on par with, if not more important than, capital and labor.

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Atomic: The Narrative that Manipulates History

The Doomsday Clock has been moved to just 89 seconds before midnight, a symbol of nuclear catastrophe. This clock measures the likelihood of a man-made global disaster, according to the Bulletin of the Atomic Scientists, the non-profit organization that has run it continuously since 1945, when it was founded by Albert Einstein and several former Manhattan Project scientists.

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Clima: Stampa e tv fanno finta che vada tutto bene

L’estate italiana tra giugno e luglio 2025 ha vissuto un’ondata di caldo eccezionale, con temperature record e impatti drammatici sulla salute pubblica, l’ambiente urbano e i servizi essenziali. Eppure, secondo il report dell’Osservatorio di Pavia per Greenpeace, solo in circa un caso su quattro le notizie televisive hanno collegato queste ondate al cambiamento climatico: nella stragrande maggioranza dei casi l’origine antropica del fenomeno non è menzionata, o al massimo viene citata in modo superficiale. I principali quotidiani risultano ancora più carenti: quasi il 70 % degli articoli dedicati alle ondate di calore non fa alcun riferimento al riscaldamento globale. Quando lo fa, lo fa come nota introduttiva, senza approfondire le cause vere e proprie come le emissioni di gas serra

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Lavoro, pace e conflitti: perché andare a votare

Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat (febbraio 2025) l’indice della produzione industriale ha registrato una contrazione del 2,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Questo calo accentua un problema strutturale di lungo periodo: la produzione industriale italiana è diminuita in modo significativo sin dalla crisi del 2008. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, tuttavia, non sembra preoccuparsi di questo prolungato declino sistemico. Da un lato, ha annunciato in Parlamento che lo spread è sceso sotto i 100 punti, affermando che “il debito italiano è più affidabile di quello tedesco” – ignorando che ciò significa, in realtà, che il debito italiano paga 100 punti base, ossia l’1%, in più di interessi rispetto a quello tedesco, proprio perché è considerato meno affidabile.

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With Good versus Evil, the war will never end

The debate between Volodymyr Zelensky and Donald Trump in the Oval Office is rooted in two diametrically opposed views on the origins of the war and, consequently, on the path to ending it. Understanding the true causes of the conflict is therefore essential to defining an effective strategy for its resolution.

Zelensky’s approach, shared by European leaders, has been shaped by the dominant narrative in mainstream media: that this is a war of imperialist aggression, in which Putin has chosen to deny Ukraine’s independence, aiming to reintegrate it into Russia, following a logic comparable to that of Nazi Germany in 1939. According to this interpretation, negotiating with an imperialist aggressor would be a sign of weakness, serving only to fuel further expansionism. The only way to stop an aggressor, then, is to show firmness and determination. From this perspective, victory can only come in two ways: on the battlefield or by forcing Russia into total surrender at the negotiating table. In no case, however, should compromises be made—neither for moral reasons nor because it would further exacerbate the situation.

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Col Bene contro il Male la guerra non finirà mai

Il dibattito tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump avvenuto nello Studio Ovale affonda le sue radici in due visioni diametralmente opposte su come abbia avuto origine la guerra e, di conseguenza, su quale sia la strada per porvi fine. Comprendere le vere cause del conflitto è dunque essenziale per definire una strategia efficace per la sua risoluzione.
L’approccio di Zelensky, condiviso dai leader europei, è stato plasmato dalla narrazione dominante nei media mainstream: si tratterebbe di una guerra di aggressione imperialista, in cui Putin avrebbe deciso di negare l’indipendenza dell’Ucraina, mirando a riassorbirla nella Russia, secondo una logica paragonabile a quella della Germania nazista nel 1939. Seguendo questa interpretazione, negoziare con un aggressore imperialista equivarrebbe a una dimostrazione di debolezza, destinata unicamente ad alimentarne l’espansionismo. L’unico modo per fermare un aggressore, quindi, è dimostrare fermezza e risolutezza. In questa prospettiva, la vittoria può arrivare solo in due modi: sul campo di battaglia o costringendo la Russia alla resa totale al tavolo delle trattative. In nessun caso, però, si dovrebbe scendere a compromessi, né per ragioni morali, né perché questo aggraverebbe ulteriormente la situazione.

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