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La Cop28 certifica la fine dell’“età della ragione”

Abbiamo vissuto per 250 anni abbracciando i valori dell’Illuminismo, guidati dall’ideale di utilizzare la ragione per migliorare la prosperità umana.

I dati sull’aspettativa di vita mostrano che, se storicamente si aggirava intorno ai 30 anni, oggi è oltre 70 anni in tutto il mondo e supera gli 80 nei Paesi sviluppati. Le carestie, una volta comuni, sono state drasticamente ridotte e si verificano principalmente in zone di guerra. L’estrema povertà, che colpiva circa il 90% della popolazione mondiale 200 anni fa, è oggi inferiore al 9%. Le guerre sono diminuite, la tortura è stata ridotta, la schiavitù non è legale in nessuna parte del mondo.

Guardando questi dati sembra quindi che l’adozione degli ideali illuministici, con la ragione come guida, abbia contribuito notevolmente alla prosperità dell’umanità o almeno di una buona parte di essa. Tuttavia, nonostante questi successi, emerge una preoccupazione generale per il futuro, in quanto tutti i Paesi, indipendentemente dal sistema politico, sembrano muoversi in maniera irresponsabile verso le sfide comuni che incombono sull’umanità.

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Le pubblicazioni “scientifiche” dei negazionisti climatici

Si rimprovera spesso ai “negazionisti climatici”, cioè coloro che sostengono i cambiamenti climatici non siano in atto e/o non siano causati dall’uomo, di non confrontarsi con la letteratura scientifica del campo della climatologia, settore in cui c’è un accordo quasi universale sul fatto che il clima stia cambiando e che il cambiamento sia dovuto alla emissione di anidride carbonica da parte dell’uomo. Una delle rare eccezioni in questo senso è stato un articolo pubblicato dalla rivista The European Physical Journal Plus (EPJp) del gruppo Springer-Nature. La casa editrice tedesca Springer, nel 2015 si è fusa con il Nature Publishing Group, diventando il maggiore gruppo editoriale internazionale di riviste scientifiche, la più famosa delle quali è Nature.

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Il dibattito avvelenato sul clima

Secondo le misurazioni di Copernicus, il principale programma di monitoraggio del clima dell’Unione Europea, l’Europa sta sperimentando le temperature più calde di questa estate a causa di una “cupola di calore” che ha investito l’intero bacino del Mediterraneo: il mare non è mai stato così caldo con alcune aree che hanno una temperatura di 5 gradi superiore alla norma. Questa ondata di calore estremo e prolungato ha un impatto devastante sull’ambiente, oltre che sulla salute dell’uomo (un recente studio pubblicato su Nature Medicine ha indicato che più di 60.000 persone in Europa hanno perso la vita a causa delle ondate di calore della scorsa estate), su molte specie animali e sulle condizioni che aumentano la probabilità di incendi. L’onda di calore degli ultimi giorni ha reso palese che con l’aumento delle temperature, i giorni più caldi sono diventati più comuni e i giorni più freddi sono diventati meno comuni. Questo implica che a lungo termine, con il riscaldamento del clima, assisteremo a un numero crescente di giorni estivi con stress da caldo molto forte e, nell’Europa meridionale, a un numero crescente di giorni con stress da caldo estremo.

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Cambiamenti climatici: previsioni, informazione e politica

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I governi di più di 190 nazioni riuniti alla conferenza di Parigi sul clima dal 30 novembre all’11 dicembre guardano al decennio successivo al 2020, quando si esauriranno gli impegni attuali in materia di emissioni di gas serra. Il punto chiave è l’intreccio inestricabile tra scienza, informazione e politica, che è centrale non solo per la comprensione del problema dei cambiamenti climatici da parte dell’opinione pubblica ma anche per stimolare l’adozione di politiche d’intervento efficaci.

La comprensione dei cambiamenti climatici globali, a differenza del “meteo” ordinario, pone dei problemi teorici e osservativi molto rilevanti. Per quanto riguarda la modellizzazione teorica, la difficoltà è dovuta al fatto che giocano un ruolo importante contemporaneamente variabili che hanno tempi-scala molto lunghi (millenni, come ad esempio quelli che governano le circolazioni profonde), variabili che hanno tempi-scala di mesi (tipiche delle strutture geofisiche), fino a quelle che hanno un tempo scala molto breve (ore/giorni, che sono connesse al fenomeno della turbolenza). Da un punto di vista osservativo le misure storiche del clima sono ottenute, ad esempio, dai profili di temperatura dalle trivellazioni, dai carotaggi nel ghiaccio, dall’analisi di strati di sedimenti, registrazioni dei livelli del mare del passato, ecc. D’altra parte i cambiamenti climatici più recenti possono essere misurati solo su scale di tempo relativamente lunghe, dell’ordine almeno di qualche decennio. Mentre alcune cause del cambiamento di lungo periodo del clima sono ben note – come le variazioni nella radiazione solare ricevuta dalla Terra, la tettonica a zolle, le eruzioni vulcaniche, ecc. – il problema cruciale è però stabilire se le attività umane siano causa rilevante del recente riscaldamento globale.climate_graphs

Venticinque anni fa è stato fondato il gruppo di esperti intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) cui è stato attribuito il premio Nobel per la pace nel 2010 per il lavoro svolto. L’ultimo rapporto, del 2013, ha posto dei solidi punti fermi nella modellizzazione e nell’osservazione dei cambiamenti climatici. Tre variabili climatiche cruciali, prese in esame dall’IPCC fin dal 1995, cioè la concentrazione di carbonio, la temperatura superficiale e l’aumento del livello del mare, non solo hanno seguito la tendenza prevista, ma sono sostanzialmente risultate all’interno della incertezza della previsione.

 

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