Il 24 febbraio 2022, truppe e carri armati russi hanno attraversato il confine ucraino; la principale risposta dell’Occidente è stata l’imposizione delle sanzioni economiche più dure e complete in un secolo, pari a una vera e propria guerra economica. Uno dei generali di questa guerra è stato Mario Draghi che affermava a giugno 2022 “Le sanzioni funzionano. Il Fondo monetario internazionale prevede che quest’anno il costo inflitto all’economia russa sarà pari a 8.5 punti del Pil. Il tempo ha rivelato e sta rivelando che queste misure sono sempre più efficaci.” Secondo Enrico Letta (marzo 2022) “le sanzioni sono durissime e stanno facendo molto male alla Russia che è vicina al default”. Queste previsioni sono state smentite da quello che è avvenuto in seguito. I conflitti armati sono spesso determinati dal potere economico, mentre l’intricata interazione tra storia e politica gioca un ruolo cruciale nel plasmare l’economia di una nazione e di come questa reagisce in tempi di crisi. Perché dunque l’economia russa non è crollata? Questa è una domanda imbarazzante che è stata espunta dal dibattito pubblico, proprio perché un anno fa gli esperti rassicuravano che le sanzioni avrebbero messo velocemente in ginocchio un paese considerato “una stazione di gas con armi nucleari”. Non sembra che questa visione della Russia si sia rilevata corretta. Da osservatore mi sono fatto una idea.
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