La teoria del realismo offensivo per capire la guerra

Nell’elaborazione di una buona teoria in fisica è necessario capire quali sono gli aspetti importanti da mettere al centro dell’analisi e quali i dettagli che si possono trascurare così da essere in grado di prevedere l’evoluzione futura di un certo fenomeno. Ascoltando il professor John Mearsheimer spiegare la sua teoria delle relazioni internazionali (https://shorturl.at/brs49) ho pensato che abbia seguito un approccio molto “da fisico” nella sua elaborazione.   Mearsheimer ha sviluppato una variante della teoria realista delle relazioni internazionali che si chiama realismo offensivo. Nella sua essenza la teoria realista considera l’elemento più importante quanto sia potente uno Stato, perché nel sistema internazionale, dove non c’è un’autorità superiore, ogni Stato vuole essere il più potente possibile, perché se si è deboli gli altri Stati se ne approfittano. I realisti ritengono che non abbia importanza se uno Stato sia una democrazia o un’autocrazia, uno Stato fascista o comunista, poiché tutti gli Stati operano nel sistema in cui non c’è un’autorità centrale e non hanno altra scelta se non quella di competere per il potere e di lottare per essere lo Stato egemone, cioè l’unica grande potenza. Questo non significa che la politica interna di uno Stato non sia importante, ma che si possa trascurare per comprendere come si comportano le grandi potenze a livello internazionale.

Il realismo è una teoria che si applica alla competizione delle grandi potenze ed il mondo bipolare della Guerra Fredda rientrava perfettamente in questo ambito. Quando l’Unione Sovietica si è dissolta siamo passati a un momento unipolare: gli Stati Uniti sono diventati la sola grande potenza e quindi, erano liberi di perseguire una politica estera di egemonia liberale. L’idea che ha guidato le scelte chiave è stata che l’integrazione economica, in un mondo dominato dagli US, avrebbe garantito la stabilità internazionale.  A partire dal 2017 siamo però usciti dal mondo unipolare e ora abbiamo tre grandi potenze, la Cina, la Russia e gli US: la competizione tra grandi potenze è tornata sul tavolo ed è questa la causa profonda delle tensioni in atto.  

Nell’Occidente liberale c’è un’intensa avversione per il realismo perché questo sostiene che le democrazie non si comportano in modo diverso degli Stati autoritari mentre si vuole credere che le democrazie si comportino in modo nobile e le autocrazie no. I realisti dicono che non ci sono buoni e cattivi e che tutti gli Stati sono più o meno uguali e non hanno altra scelta se non quella di agire in modo simile a causa della struttura anarchica del sistema internazionale data dal fatto che non c’è un’autorità superiore che sieda al di sopra degli Stati. Quindi Putin, Biden e Trump non hanno molta importanza quanto piuttosto è la struttura del sistema che conta. Se si ascolta gran parte della retorica in Occidente, il conflitto tra Russia e Occidente viene invece inquadrato in termini di democrazie contro uno Stato autoritario e, naturalmente, lo Stato autoritario è il cattivo e noi occidentali siamo i buoni.

Ragionando secondo la teoria realista, la causa profonda della guerra ucraina è dovuta “dall’abbaiare” della NATO ai confini della Russia, come disse Papa Francesco: i russi l’avrebbero vista come una minaccia, cosa che è avvenuto proprio perché i russi pensano in termini realistici. Mearsheimer, in un famoso articolo del 2014, ha descritto in dettaglio perché “la crisi in Ucraina è colpa dell’occidente”. Sosteneva che secondo la teoria realista l’espansione della NATO non avrebbe dovuto proseguire dopo l’espansione verso est già avvenuta tra il 1998 e il 2004; inoltre aveva previsto che la decisione del 2008 da parte della NATO di far entrare l’Ucraina e la Georgia nell’alleanza, avrebbe creato le condizioni per la guerra con la Russia. 

L’altro ambito delle tensioni attuali riguarda la Cina. Secondo Mearsheimer gli Stati Uniti non avrebbero dovuto aiutare la Cina a crescere economicamente: invece gli US hanno giocato un ruolo fondamentale nel portare la Cina ad essere in un concorrente di pari livello, alimentando la sua economia. Anche in questo caso Mearsheimer ha scritto un libro molto potente nel 2002 intitolato “La tragedia della politica delle grandi potenze” in cui sosteneva che la crescita economica della Cina avrebbe inevitabilmente condotto ad una situazione di scontro con Stati Uniti: la Cina è una potenza in rapida ascesa e gli Stati Uniti non hanno intenzione di abbandonare il loro posto di potenza dominante. Anche in questo caso la teoria di Mearsheimer è stata in grado di elaborare una previsione corretta.

Forse non c’è niente di nuovo sotto il Sole: il generale e storico ateniese Tucidide nella sua Storia della guerra del Peloponneso, scrisse che “fu l’ascesa di Atene e la paura che questa incuteva a Sparta a rendere inevitabile la guerra”. Sembra che la storia si ripeta, ma questa volta una guerra mondiale potrebbe essere fatale per l’umanità.  Trovare la strada per evitare la tragedia delle grandi potenze dovrebbe essere al centro nell’agenda pubblica e politica. Il primo passo sta proprio nel comprendere le cause di quello che avviene: per questo la guida di Mearsheimer è indispensabile.

Pubblicato su Il Fatto Quotidiano (con un altro, meno chiaro, titolo)

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